Si parla spesso di una scuola inclusiva, di una didattica di tutti che utilizza o meglio dovrebbe utilizzare metodologie attive, costruttive e affettive per favorire l’inclusione. La realtà è ben diversa come descritta, in questa lettera, dai genitori di un bimbo di sei anni affetto da disturbo dello spettro autistico iscritto al primo anno della scuola primaria in uno degli istituti del comune di residenza.
“Il primo giorno di scuola, al termine delle lezioni -si legge nella lettera- l’insegnante di sostegno assegnata ci riferisce che, in quanto sessantenne, non riusciva a seguire nostro figlio data la sua iperattività. Il secondo giorno di scuola, la stessa, viene sostituita con una supplente che, a suo dire, non era specializzata in autismo e non era in grado di seguire il bambino perché classificato come caso grave. Malgrado le nostre lamentele alla referente H, quest’ultima evidenzia il fatto che l’insegnante fosse stata assegnata dal Provveditorato e che pertanto non poteva essere sostituita. Cerchiamo un nuovo istituto per trasferire nostro figlio. Durante questa attesa, un giorno si verifica un episodio alquanto spiacevole.Andiamo a prendere il bambino a scuola e lo ritroviamo sporco di feci sulla maglia e sui pantaloni poiché nessuno aveva provveduto a pulirlo dopo la defecazione. Chiediamo lumi, ma l’insegnante si giustifica lamentando l’assenza dell’ assistente igienico-personale. Di fatto il bambino è rimasto sporco di feci fino alla fine delle lezioni. Finalmente riusciamo a trovare un posto libero in un altro istituto della provincia, e nello stesso, per i primi giorni, l’insegnante di sostegno non è scesa nemmeno a presentarsi, sostanzialmente veniva lasciato puntualmente all’assistente Asacom alla fine delle lezioni. Chiediamo all’insegnante curriculare di poter conoscere la nuova insegnante di sostegno e con nostro sgomento scopriamo che è la stessa non specializzata né qualificata, che era nel vecchio istituto. A questo punto la misura è colma, alla presenza dell’insegnante di sostegno, della dirigenza scolastica e dell’insegnante curriculare chiediamo la sua sostituzione, ed infatti cosi’ avviene. Dopo una settimana arriva una nuova insegnante di sostegno,la terza, che si diceva esperta ma che nei fatti mostrava lacune profonde relative alle conoscenze sulla disabilità del bambino oltre che didattiche. Ogni giorno ci veniva ripetuto che il bambino andava lasciato libero senza alcuno inquadramento e ciò ha provocato l’aggravarsi dei suoi problemi di comportamento. Ci siamo sempre fatti sentire, ma siamo stati sempre snobbati e nello stesso tempo si era creata una condizione di omertà assoluta. Fino ad un giorno di marzo in cui ci siamo ritrovati sul quaderno una pagina intera di pregrafismi, preparata dall’insegnante, con delle sillabe tutt’altro che tali (QA QE QI QU QO). Non era la prima volta che notavamo errori ortografici importanti sul quaderno. Chiediamo, per l’ennesima volta, chiarimenti all’ insegnante curriculare con la quale abbiamo avuto un incontro alla presenza dell’insegnante di sostegno e dell’assistente Asacom (anch’essa sbalordita poiché non presente al momento dei fatti) ma ben poco è cambiato. Inoltre, durante l’anno, più volte abbiamo richiesto la presenza in classe della terapista di mio figlio (Esperta in analisi del comportamento applicata), che, visto la totale inadeguatezza del personale scolastico, poteva essere d’aiuto, cosa che la scuola ha sempre rifiutato. Per noi è stato un vero calvario, la finalità di questa lettera è, con il racconto sofferto della nostra esperienza, di far aprire gli occhi alle Istituzioni che di fronte a problemi di questo genere, si girano dall’altra parte lasciando noi genitori completamente soli. Servono insegnanti all’altezza della situazione,spesso le insegnanti di sostegno non sono figure specializzate, ma scelgono il sostegno pur di avere una cattedra loro assegnata e noi genitori ci ritroviamo con queste grosse problematiche da risolvere. Ci auguriamo che questo grido d’aiuto venga ascoltato e che non si faccia finta di nulla solo perchè non è un problema che ci tocchi da vicino. Vi chiediamo di mettervi nei nostri panni e provare a capire che noi, oltre a vivere un dramma giornaliero, dobbiamo far fronte a queste problematiche e nella maggior parte dei casi non veniamo ascoltati”.